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La donna di cui dire Amor mi face

  • Immagine del redattore: francescopetronzio
    francescopetronzio
  • 24 mar 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

Immagina di essere nel 2019: stai urlando il nome di Dante Alighieri in una piazza affollata di Tokyo, o mentre attraversi il Ponte Carlo a Praga, o nel mezzo del mercato di Camden Town a Londra. Per prima cosa probabilmente ti chiamano la neuro, ma sicuramente otto persone su dieci in quell’assembramento informe riconoscono quel nome che la tua ugola ha appena espulso con veemenza.

Dante è probabilmente il personaggio più celebre al mondo, insidiato forse solo da Chiara Ferragni.🙄


Ma chi era Dante (o meglio, chi è Dante)?

Qualsiasi italiano/a che abbia frequentato le scuole medie inferiori ha sentito parlare della Divina Commedia, di Beatrice, di Paolo e Francesca, la maggior parte anche di Virgilio, Caronte, Farinata degli Uberti, mentre i più attenti ricorderanno anche i meno celebri Catone Uticense, Stazio, Sordello da Goito, Bertram dal Bornio.


Qualsiasi studente delle scuole superiori si è chiesto almeno una volta nella vita perché Dante è così importante da occupare una porzione così ampia del programma scolastico di italiano. Ce lo siamo chiesto tutti, me compreso, illo tempore, quando, ignaro del mio destino da studente di Lettere, ero convinto che Dante fosse sopravvalutato, e che tutte le critiche dantesche fossero assolutamente eccessive e, talvolta, basate sul nulla. Niente di più lontano dal vero: negli ultimi anni sono stato sbugiardato più volte, e ho scoperto che Dante non solo è la pietra miliare della lingua e della letteratura italiana, ma che le interpretazioni dantesche esistenti sono una briciola in confronto alla ricchezza celata dietro alle opere di Dante, e soprattutto dietro la Commedia. Procediamo con ordine:

  1. La Comedìa è stata scritta da Dante fra il 1304 e il 1321, anno della morte del Poeta;

  2. L’aggettivo “Divina” fu aggiunto al titolo originale da Giovanni Boccaccio nel 1360 circa, anche se la prima versione pubblicata come “Divina Commedia” risale al 1555;

  3. Nessun autografo (= testo scritto materialmente dall’autore, ndr) di Dante è giunto ai giorni nostri, in compenso esistono oltre 800 manoscritti che riportano il testo della Commedia. Per dare un’idea, solo la Bibbia ne conta di più. Quest’immensità di testimoni è la causa per cui, ad oggi, nessun filologo è mai riuscito a stendere un’edizione critica della Commedia utilizzando il Metodo di Lachmann (il più usato per la ricostruzione dei testi antichi).


Su questo terzo punto mi fermo, perché si tratta della causa primaria per cui la critica dantesca si sbizzarrisce nel cercare sempre nuove interpretazioni, magari basate su una variante d’autore minima e impercettibile, talvolta piccola come una lettera (nella Commedia di lettere ce ne sono circa 408.000 spazi esclusi, l’equivalente di cento tesi di laurea). Dante è una sorgente che sgorga da sette secoli senza mai esaurirsi, un fiume sempre in piena che sfocia in quel mare immenso che è la nostra lingua. Nel 1999 il grande linguista Tullio De Mauro dichiarò, come risultato dei suoi studi approfonditi, che il 90% della lingua parlata oggi è già presente nelle opere di Dante: in più, limitatamente alle parole della Divina Commedia, otto su dieci sono arrivate «vive e vegete» fino a noi.


Oggi noi usiamo con leggerezza modi di dire come “Stai fresco” (If, XXXII, 117), “Non mi tange” (If, II, 92), “Senza infamia e senza lode” (If, III, 36), “Non ragioniam di loro, ma guarda e passa” (If, III, 51), ignorando spesso e volentieri che essi sono frutto dell’invenzione di Dante, attestati per la prima volta nella Commedia.


Dante, peraltro, fu il primo intellettuale a proporre il volgare (che poi sarebbe diventato l’italiano) come lingua nobile, con pari dignità rispetto al latino. Certo, il successo del De Vulgari Eloquentia non suscitò lo scalpore che meritava, tuttavia nei secoli successivi furono molti gli intellettuali che basarono le proprie teorie pro-volgare sul trattato di Dante (per primo, Giovan Giorgio Trissino, che diede alle stampe l’opera nel 1529, dopo oltre due secoli di oblio assoluto). Se oggi conversiamo in italiano e non in latino, in parte dobbiamo ringraziare anche l’amico Dante Alighieri.


Oggi, 25 marzo, si celebra il Dantedì, nato nel 2019 da un’idea dello scrittore Paolo Di Stefano e del linguista Francesco Sabatini (e reso ufficiale dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo il 17 gennaio 2020), in occasione del settimo centenario dalla morte di Dante (1321-2021).

La data non è casuale: è infatti opinione diffusa presso gli studiosi quella secondo cui il viaggio della Commedia sia iniziato proprio il 25 marzo del 1300.


E in questo giorno speciale ho voluto raccontarti una goccia di quell’oceano infinito che porta il nome di Dante Alighieri.


P.S. se sei arrivato/a fin qui senza chiudere la pagina, allora vuol dire che ciò che ti ho appena raccontato almeno un po’ ti è piaciuto. Perciò ti chiedo di cliccare sul cuore in basso a destra e, se vuoi approfondire qualche passaggio o proporre qualcosa di diverso, o esprimermi il tuo giudizio, ti invito a non essere timida/o e a farmelo sapere nei commenti.


(Se non lo fai, sei un guelfo nero o un lontano nipote di Bonifacio VIII 🙄)


Buon Dantedì e al prossimo appuntamento!✨

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