A ricordare e riveder le stelle
- francescopetronzio
- 21 mar 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Oggi, 21 marzo, si celebra la XXVI “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, istituita ufficialmente il 1° marzo 2017 dalla Camera dei Deputati, ma già da ormai ventisei anni ricordata da Libera.

L’elenco di tutte le vittime innocenti delle mafie è sconfinato: Libera, attraverso il suo sito, le ricorda una a una, con la straziante storia che ha accompagnato le loro vite a un tragico epilogo. Oggi, in occasione del “21 marzo” - così chiamata dagli attivisti la giornata commemorativa - in diverse piazze italiane si riuniscono persone che leggono a gran voce i nomi di questi martiri della libertà. Lo ha fatto anche don Luigi Ciotti, dalla Casa del Jazz di Roma, colui che ha ideato e fondato, nel 1995, la “grande associazione” di Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie, Libera, e che ogni giorno lotta con tutte le sue forze per ridare vita ai beni confiscati alle associazioni criminali, per cercare giustizia per tutte le famiglie spezzate da un destino orribile, costituendosi parte civile nei processi contro le mafie, e pian piano cercando di sradicare quell’albero ultracentenario che ha sparso le sue radici in tutto il mondo con l’aiuto di gente normale, come noi, che quotidianamente decide di non schierarsi, di non lottare, di tacere, di non pretendere i propri diritti, di girarsi dall’altro lato. L’omertà è un crimine, e le mafie prendono e portano a casa, e neppure ringraziano.
Tra quei nomi che stamattina sono stati ricordati c’è anche quello di Paolo Borsellino, vittima di Cosa Nostra nella strage di via D’Amelio del 19 luglio 1992: proprio lui diceva che «chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola».
La mafia siamo noi quando abbiamo paura di combatterla,
La mafia siamo noi quando agevoliamo l’evasione fiscale,
La mafia siamo noi quando corrompiamo o ci facciamo corrompere,
La mafia siamo noi quando sappiamo ma facciamo finta di non sapere,
La mafia siamo noi quando qualcuno muore, ma noi rimaniamo in silenzio.
L’anno scorso, nel corso del primo lockdown, Libera organizzò un evento alternativo, in cui ognuno si ritrasse in fotografia con un fiore accanto a uno di quei nomi. Io scelsi di ricordare Daphne Caruana Galizia.

Daphne era una giornalista e blogger maltese, nota per le sue inchieste sulla politica corrotta.
È rimasta uccisa in un attentato all'età di 53 anni, nell'esplosione di un'autobomba nella sua Peugeot 108 affittata presso la sua residenza di Bidnija vicino Mosta verso le 15:00 del 16 ottobre 2017. La violenta esplosione ha sparso pezzi del veicolo nei campi vicini. È stata ritrovata dal figlio Matthew, che ha sentito l'esplosione dalla loro casa.
Caruana Galizia aveva riferito di aver presentato una denuncia alla polizia per minacce circa due settimane prima della sua morte.
Nel 2017 Daphne ha affermato che Egrant, una società di Panama, fosse di proprietà di Michelle Muscat, moglie del primo ministro Joseph Muscat. Queste affermazioni hanno condotto Muscat a indire le elezioni anticipate del giugno 2017, che hanno visto il suo partito laburista confermarsi al governo.
La storia di Daphne Caruana Galizia è una delle tante in cui non c’entra né Cosa Nostra, né la Camorra, né la ‘Ndrangheta, né la Sacra Corona Unita, né la NCO, ma è un esempio in cui lo stato si fa mafia, abusando del proprio potere per distruggere un personaggio scomodo. Oggi la Russia fa esattamente questo, la Bielorussia, la Corea del Nord fanno questo, il Ruanda ha fatto questo pochi giorni fa nei confronti di Luca Attanasio.
La mafia non sempre ha coppola e lupara: ognuno di noi mette in atto atteggiamenti di stampo mafioso quando abusa del proprio potere, approfitta di privilegi invece di respingerli, danneggia il prossimo per i propri interessi. Gli uomini che abusano della propria forza per aggredire verbalmente, picchiare, uccidere una donna in quanto donna non si discostano dal concetto di mafia.
La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni."
Giovanni Falcone è un’altra illustre vittima delle mafie.
Chi si fa bello/a il 23 maggio, pubblicando la sua celebre foto in compagnia di Borsellino, innalzandoli a modelli etici da seguire, può fare solo tre semplici cose affinché il suo sacrificio non sia vano: agire, parlare, lottare.
Solo quando finirà la mafia, perché ha una fine come ogni fatto umano, si potrà parlare di 8 marzo, di democrazia, di libertà.
Buon 21 marzo a tutti 🌹

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