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La verità a tutti i costi

  • Immagine del redattore: francescopetronzio
    francescopetronzio
  • 3 mag 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

Raccontare dei fatti, informare la gente riguardo a cosa accade è un bene pubblico. A questo pilastro l’UNESCO dedica oggi la Giornata mondiale della libertà di stampa. L’informazione libera, priva di censure o manipolazioni, è l’unico mezzo possibile per conoscere verità talvolta scomode che si consumano vicino o lontano da noi.


Cos’è la libertà di stampa?


Aleksandr Lukašenko
Aleksandr Lukašenko, Presidente della Bielorussia.

È il diritto di manifestare apertamente il proprio pensiero senza incorrere in censure, procedimenti giudiziari, ripercussioni di ogni sorta. È attraverso ciò che i cittadini sono in grado di accedere alle informazioni. Nel ventennio fascista la propaganda ufficiale era l’unico veicolo autorizzato di “informazione”: qualsiasi frase o paragrafo che si volesse rendere pubblico passava al vaglio della censura. Quel metodo comportava che al popolo giungessero solo informazioni “comode” al regime, e che altre notizie venissero manipolate in modo tale da non contraddire mai la “bontà” del regime. Analogamente accade anche oggi in stati come la Russia di Putin o la Bielorussia di Lukašenko, o la Corea del Nord di Kim Jong-un. Regimi de iure o solo de facto, ma sempre regimi.


Reporters sans frontières (Giornalisti senza frontiere) ogni anno stila il World Press Freedom Index, un ranking dei Paesi del mondo ordinati per come e quanto la libertà di stampa sia tutelata. Nel 2021 la Norvegia conserva il suo primo posto, seguono Finlandia, Svezia, Danimarca, Costa Rica. Agli ultimi posti troviamo Gibuti, Turkmenistan, Corea del Nord ed Eritrea, fanalino di coda al 180° posto.

L’Italia occupa il 41° posto (peggio, fra i membri dell’UE, solo Romania, Croazia, Polonia, Grecia, Ungheria e Bulgaria: si noti che a Bihac, città della Bosnia-Erzegovina a soli 16 km dal confine con la Croazia, si consumano quotidianamente stragi di migranti – segregati in veri e propri lager – di cui ben poco si sa qui in Italia, e ancor meno viene riferito ai croati; in Polonia il giornalista e scrittore Jakub Zulczyk rischia tre anni di carcere per aver definito “deficiente” il presidente Duda; in Ungheria vige ormai un regime dittatoriale ad opera di Viktor Orban; la Bulgaria è stata definita “pecora nera dell’Unione Europea” dalla stessa RSF) con ben venti reporter sotto scorta a causa di intimidazioni, minacce di morte, attacchi ricevuti da organizzazioni criminali o mafiose.


Sandro Ruotolo
Sandro Ruotolo, giornalista italiano sotto scorta.

RSF riporta come episodi rilevanti per il posizionamento dell’Italia nella graduatoria quando a Roma alcuni giornalisti furono assaliti fisicamente nell’esercizio del proprio lavoro da membri di gruppi neofascisti, e attaccati verbalmente durante manifestazioni, ad esempio da membri del Movimento 5 Stelle, oppure quando giornalisti italiani vengono attaccati da negazionisti del Covid-19, tra cui i cosiddetti no-mask.


Gli episodi di minacce e intimidazioni contro giornalisti italiani dall’inizio del 2021 sono già 63, mentre nel mondo otto giornalisti e quattro operatori sono stati assassinati nei quattro mesi appena trascorsi. Attualmente sono 317 i giornalisti che si trovano in carcere, 100 i citizen journalists e 13 gli operatori.


Giancarlo Siani
Giancarlo Siani, giornalista ucciso dalla Camorra nel 1985.

Non è accettabile che in un paese come l’Italia, che si picca di essere una Repubblica Democratica, sia preceduto – con rispetto parlando – dal Botswana, dal Burkina Faso, dal Ghana, da Capo Verde. Nonostante stia risalendo nel ranking (dopo aver toccato il punto più basso nel 2016 con un imbarazzante 77° posto), il dato è preoccupante. In Italia, nel corso degli anni, la mafia ha ucciso Mauro De Mauro, Giancarlo Siani, Giovanni Spampinato, Peppino Impastato, Pippo Fava, Mauro Rostagno, altri giornalisti sono stati uccisi all’estero, come Ilaria Alpi e Giulio Regeni, altri dal terrorismo rosso come Carlo Casalegno e Walter Tobagi. La storia non rende certo illustre il nostro bel paese, cui non mancano situazioni di imbarazzante mediocrità e ritardo nei confronti e degli altri paesi occidentali e dei diritti umani, ineludibili eppur elusi.


L’informazione libera è quella che permette al popolo di essere sovrano, e non ai governi o alle associazioni criminali anch’esse, a loro modo, governative, come Camorra, ‘Ndrangheta e Cosa nostra. Sicuramente il proliferare di fake news, alcune sostenute da parti politiche, il quieto vivere e la sottomissione a uno stato estero che prevale sulla vita di un uomo come Giulio Regeni (e di Patrick Zaki), l’omertà dinanzi a orrori come quello subìto da Daphne Caruana Galizia a Malta non aiutano certo l’Italia a scalare quella classifica e a proclamarsi, con diritto, una Repubblica Democratica.

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