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Voce

  • Immagine del redattore: francescopetronzio
    francescopetronzio
  • 16 apr 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

Non so se

ti ricordi di me

quanto è bello abbracciarmi

per sentirti un po’ a casa

Sarà bello abbracciarti

dirti «Mi sei mancata»

in un bosco di me

c’è un rumore incessante

e lo faccio da parte

Tu sei la mia voce.



Voce. Questo il titolo del brano di Madame dedicato, appunto, alla sua voce; è la prima volta, peraltro, che un’interprete donna dedica una canzone al femminile al Festival di Sanremo.


La voce è il mezzo con cui espelliamo dalla mente pensieri, concetti, canzoni, poesie, sotto forma di fonemi. Il Dizionario di Medicina della Treccani definisce la voce come «Serie o insieme di suoni articolati prodotti dalle vibrazioni delle corde vocali nella laringe durante l’espirazione dell’aria e fatti risuonare all’interno della faringe, della cavità orale e delle fosse nasali che ne determinano il timbro.»


È uno dei tratti identificativi della persona, infatti non esistono al mondo due individui che abbiano la stessa identica voce. C’è chi di questa ha fatto una professione, chi la usa per gridare, per sussurrare, per divertirsi, sfogarsi, e chi invece preferisce non usarla, e farla risuonare solo all’interno del proprio cervello.


Poi ci sono voci che predominano sulle altre caratteristiche fisiche e restano impresse: sono quelle che sentiamo uscire dall’autoradio quando la mattina, mezzi storditi dalla levataccia, andiamo al lavoro o all’università, o dagli altoparlanti di uno smartphone quando, con la porta chiusa, diamo sfogo alle nostre doti di ballerini improvvisati, o dalle cuffiette sui treni e sugli autobus che ci portano verso le nostre mete. È la voce del nostro cantante preferito, che conosciamo a memoria, o del frontman del gruppo che abbiamo appena scoperto e che pian piano ci entra in testa come un jingle che si ripete durante la giornata e che canticchiamo a bassa voce mentre pieghiamo i vestiti o cuciniamo o ci prendiamo una pausa dallo studio.


Come non emozionarci ascoltando la voce dell’indimenticato Vittorio Gassman, o quella di Adele, di Mia Martini, di Whitney Houston, di Luca Ward; tuttavia per trasmettere emozioni, non necessariamente abbiamo bisogno di maestri della voce: una voce normale può penetrare dentro di noi e catturarci, come quella di un nostro amico o amica, del nostro partner, così come avvertiamo con attenzione una voce coercitiva o rassicurante di un genitore o un nonno che ci rimprovera o ci dà un consiglio, o ci consola in un momento difficile.


La voce. Uno strumento che tutti abbiamo, ispezionato da tutte le angolazioni, ossia mediche, psicologiche, sonore, artistiche, pedagogiche, amorose, divulgative. Per la giornata mondiale della voce (e già, esiste!) diverse testate giornalistiche hanno scritto, o selezionato voci importanti “ugole d’oro” (https://www.gqitalia.it/show/article/giornata-mondiale-voce-playlist-whitney-houston-adele; https://www.genovatoday.it/social/giornata-mondiale-voce-2021.html), mentre siti specialistici si sono giustamente preoccupati di sensibilizzare su disturbi psichiatrici e logopedici.


La voce è anche quella che dobbiamo far sentire noi giovani per urlare contro un mondo che spesso si dimentica di noi, delle nostre necessità, delle ambizioni, dei problemi e delle inquietudini. È quella che devono far sentire le donne vittime di violenze, gli oppressi schiavi di una mentalità retrograda e bigotta che li emargina e li discrimina, ma soprattutto i “privilegiati”, che senza volerlo si ritrovano sulla sponda ritenuta “giusta” (accettata socialmente e non osteggiata) del fiume, chiamati per primi a farsi sentire a gran voce per cancellare quei privilegi ottenuti senza merito, ma solo per il fatto di essere in qualche modo in linea con i principî di perfezione dettati dai retaggi culturali e dalle visioni del mondo ristrette.


Contro un governo che ci relega sempre a priorità subalterne, contro un sistema scolastico che non privilegia quello che è il motore pulsante della società odierna, contro un modo di concepire la libertà che è troppo distante da quello corretto, contro chi uccide o incarcera un giovane cittadino per le sue posizioni politiche.


Contro tutto ciò che preclude alla nostra vicina di casa omosessuale, o al nostro compagno di classe disabile, o alla donna incinta che sta seduta al nostro fianco mentre aspettiamo il turno alle poste, o a quella ragazza di cui incrociamo lo sguardo sul far della sera che, da sola, torna a casa dopo una stressante giornata di lavoro di avere pari diritti e pari doveri rispetto a chi, per la scelleratezza di un’opinione purtroppo ancora dominante, nasce ritrovandosi ancora una volta dalla parte degli oppressori.


Quando non riusciamo a parlare, invece, usiamo la voce nella sua antitesi: la non-voce correlata a un mutismo completo o selettivo che si fa sentire attraverso sguardi, smorfie, capelli, gesti, unghie, vestiti è anch’essa una maniera di comunicare. Chi non necessita di sentire delle parole chiare e forti per comprendere un pensiero è, sì, sulla sponda giusta del fiume, popolata da quelle persone che la voce la sanno ascoltare.

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