top of page
81583BDA-3544-4E54-8A9F-1E699FE17B25.jpe

AsianWanderingShepherd

  • Facebook
  • Instagram
  • Twitter
  • Amazon - cerchio grigio

Mio fratello è figlio unico

  • Immagine del redattore: francescopetronzio
    francescopetronzio
  • 2 giu 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

A mano a mano ti accorgi che il vento

ti soffia sul viso e ti ruba un sorriso,

la bella stagione che sta per finire

ti soffia sul cuore e ti ruba l’amore.


Una fine annunciata, forse, inquietantemente, da alcuni dei suoi testi, in particolare da uno, inedito e diffuso postumo, che recita:


Quel giorno Renzo uscì,

andò lungo quella strada

quando un’auto veloce lo investì.

Quell'uomo lo aiutò e Renzo allora partì

per un ospedale che lo curasse,

per guarir.



Rino Gaetano morì a Roma nella notte del 2 giugno 1981, schiantandosi violentemente contro un camion su via Nomentana. La sua morte, a soli trent’anni, aprì la strada a un successo ancora maggiore per il cantautore calabrese, amato soprattutto dai giovani per il suo spirito libero, anticonformista, anarchico. Quello di Mario, frustrato, derubato, sottomesso, sfruttato, represso, calpestato, odiato perché è convinto che nell’Amaro benedettino non sta il segreto della felicità. Mario è solo perché non sa adattarsi alle mode. È “figlio unico” di un mondo troppo uniformato, una prigione che gli impedisce di spiccare il volo: lui che non ha mai pagato per fare l’amore, non ha mai viaggiato sul rapido Taranto-Ancona e non ha mai criticato un film senza prima vederlo.


E poi Aida, che quel mondo un po’ lo impersona e un po’ lo vive, partendo dagli anni del colonialismo, passando per gli anni del Fascismo e della guerra (e dopo giugno il gran conflitto), che finisce con la costituente, la democrazia, ma porta con sé compromessi, povertà, salari bassi, fame. Nonostante le battaglie, Aida non perde la sua bellezza, che ha i lineamenti di un amore sempre vivo per una donna sofferente, contraddittoria e dal passato tragico: un’Italia che ha riconosciuto il suo genio forse con un attimo di ritardo, dopo che quella notte la festa finì per davvero.


Le contraddizioni di Gianna, che sostiene tesi e illusioni, ma di notte entra in un mondo diverso, il pensiero fisso di Maria, che non svanisce neanche quando la mattina lui si alza tardi e dorme finché gli va, ha più donne del DJ e il caffè glielo portano a letto due bionde in tutù, l’emigrante che parte portando con sé la fotografia di Bice, bella come un’attrice, e canta le canzoni che sentiva sempre a lu mare; e poi gli attacchi, le invettive, le censure da parte di quell’Italia “Aida” che lui amava.


Il cielo è sempre più blu, e se ne frega di chi vuole l’aumento, di chi reagisce d’istinto, di chi ha perso, di chi ha vinto, di chi canta Prévert, di chi copia Baglioni. Se ne frega di chi parla troppo, di chi ama, di chi odia. La libertà invocata e praticata da Rino Gaetano, simile a quella di De André, di Vasco, di Guccini, quell’anarchia come reazione, rifiuto dei limiti imposti, repulsione per le disuguaglianze, sdegno per le discriminazioni in nome del desiderio di parità e di diritti, è un’arma a doppio taglio, nelle mani di chi può fare ciò che vuole, accettandone ogni conseguenza.


Oggi le note di Rino Gaetano risuonano ancora nelle casse dello Stadio Scida di Crotone, nelle autoradio, nei bar, nei ristoranti, nelle case degli italiani: è il suono di quei trent’anni cristallizzati, immobilizzati, freezati, mai andati avanti, mai passati, mai dimenticati. Della voglia di evadere, della sempreverde giovinezza, della libertà tipica di tutti quelli che quelle note e quelle parole le ascoltano e le ripetono.

Comments


© 2021 | Asian Wandering Shepherd

bottom of page